“Correre” e “volare” sono il binomio che richiama subito alla memoria Pietro Mennea che ha “... varcato la frontiera in un bel giorno di primavera...”. Sì proprio il giorno d’inizio della primavera Pietro ci ha lasciati, ha varcato quella frontiera che tutti prima a poi dovremo varcare. Nei giorni scorsi il tempo era stato molto inclemente: dalla neve di lunedì alla pioggia e al freddo dei giorni seguenti, ma ieri era una bella giornata di sole, come “solare” era Pietro. Solare non tanto nel carattere, in quanto era abbastanza chiuso e taciturno, ma nella testimonianza che ci ha lasciato con il suo esempio di serietà nel praticare l’attività sportiva. In queste poche righe non voglio ricordare le sue imprese - altri meglio di me lo faranno - ma voglio ricordare alcuni particolari del suo lato umano, che ora sembrano tutti invocare, ma che fino a poco tempo fa ... lasciamo perdere le polemiche, non è certo ora il momento.
Pochi sanno che Pietro ha sempre dato del “lei” al suo allenatore, Pietro Vittori, non solo all’inizio della sua carriera, ma anche quando Pietro era diventato un atleta di livello mondiale.
Quando lo scorso anno in molti avevano proposto la candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2020, Mennea si era opposto. Questa una sua frase, che oggi assume il valore di un ultimo appello, quasi un testamento spirituale: “Le Olimpiadi non servono a niente; se Roma vuole aumentare il Pil ed il turismo investa per valorizzare al meglio quell’area che va dal Circo Massimo al Colosseo. E con i miliardi risparmiati, il Governo costruisca palestre, scuole, biblioteche, in questo modo creerà migliaia posti di lavoro per la nostra gioventù che altrimenti non avrà futuro...”
Nonostante il suo passato sportivo e la sua cultura (aveva quattro lauree), non era mai stato chiamato dal CONI per qualche incarico, forse per il suo modo schietto di dire le cose. Era contro il doping, sul quale ha scritto tre libri, doping che “... è una piaga sociale e, prima di ledere l’immagine e la credibilità dello sport, distrugge la salute dell’atleta...”. Era per il “no” alle olimpiadi di Pechino in quanto “troppo politicizzate”.
Tilli, suo compagno di camera, ricorda che Pietro leggeva i giornali, magari fino alle due di notte ed alle sua lamentele rispondeva che “... la conoscenza rende l’uomo più libero...”.
Come si vede Pietro è sempre stato un uomo tutto d’un pezzo, un uomo spesso solo, uno che ha vissuto controcorrente, ma che è stato un esempio non solo per la nostra generazione, ma anche per tutte le generazioni presenti e future.
Sono sicuro che quando San Pietro l’ha visto con il “ditino alzato”, forse l’unica sua debolezza umana, l’ha apostrofato con questo parole: “No, no, Pietro, tu non devi suonare il campanello per entrare: le porte sono già aperte!”
Ciao, Pietro!
Olimpiadi di Mosca 1980
Finale 200 metri piani
Telecronista Paolo Rosi (da archivi Rai)
il mio primo idolo della corsa... poi il grande Gelindo!!!
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