Sabato. Tutto è pronto
per la “Quarantine Half Marathon”, una gara/non gara che
dovrò disputare domani insieme ad altri pazzi che, come dei criceti
a cui è negata la libertà, “dovranno” correre su percorsi
chiusi e da ripetere 'ennevolte', fino al raggiungimento dei fatidici
21097 metri. Nessuna classifica, nessun pacco gara da ritirare, gara
in casa, per cui evitati i viaggi, tutto questo dovrebbe
tranquillizzarmi. Ma … nel pomeriggio faccio la consueta
chiacchierata con Ferdinando, segregato in casa con la gatta. Quando
la telefonata sta per finire pronuncia la frase che mi dice sempre
prima di una gara comune: “... mi raccomando, dormi!”.
“Acc … non poteva stare zitto stavolta!” penso. Come dicevo
prima, tutto è sotto controllo e sono sicuro che dormirò. Non sarà
così. Sonno tranquillo fino all'una di notte, ma da allora un sonno
agitato, beh, un dormiveglia e pensieri che frullano per la testa:
“Riuscirò a terminare la gara?”, “Come sarà il
tempo?” “Le gambe, ma soprattutto la schiena non avrà
dolore?”.
Di una cosa sono certo: “Se parto, arrivo!”. Fuori dal letto un'ora prima del previsto, colazione, vestizione e sono pronto sulla linea di partenza; anche questa volta sono in prima fila. Foto di rito pregara, e sono pronto per la partenza quasi un'ora prima del previsto.
Starter di oggi Oliver.
Dovendo scegliere tra i tre nipotini, ho scelto lui, perché, oltre
al solito count down, ha pure aggiunto un incitamento: “Tre,
due, uno … via! Vai, nonno!”.
Epilogo
Sono giunto all'ultimo
amaro calice. Così mi sembra di vederlo; in realtà è solo un
barattolo vuoto di yogurt, l'ultimo contenitore con i ceci per
l'ultimo sforzo. Amaro perché, a differenza degli altri, ha, per
compensare la distanza, quattro ceci in più! Questo vecchio fisico
sta rispondendo meglio del previsto e solo ora entra in modalità
“gara”. Il passo si allunga, la velocità aumenta e di
conseguenza anche il raggio delle curve è più ampio. Dai rintocchi
del campanile vedo la possibilità di terminare la gara sotto le tre
ore. Dal telefonino sento continui “bip” “bip”: sono le foto
ed i tempi degli altri amici che hanno già terminato il loro sforzo.
Ultimo giro, solo 34 metri.
Taglio il traguardo in
2h 58' 19”. Obiettivo raggiunto!
Uhmm, manca qualcosa in questo post. In effetti tra il prologo (descrizione che precede l'azione) e l'epilogo (parte conclusiva di una vicenda) non è stata inserita l'azione, la vicenda. In altre parole, la gara! Rimedio subito.
La gara
Correre in tracciati
tortuosi e ristretti richiede (oltre ad una sana pazzia) anche
concentrazione, ma avendo già percorso più di mille giri, posso
affermare di aver memorizzato tutti i dettagli; quindi posso inserire
la modalità “pilota automatico” e lasciare la mente libera di
pensare ad altro. Pensieri, sensazioni … in gran parte sono
riflessioni personali: nipotini, figlie e moglie mi terranno
compagnia per gran parte della corsa. Ma questo credo che non
interessi nessuno!
La prima cosa che
“sento” … è il silenzio! Non ci sono macchine, non ci sono
persone in giro, è quindi normale. È vero, ma domenica scorsa
nell'identica situazione il silenzio era rotto dal lacerante suono
delle sirene delle autoambulanze e dalle campane che suonavano a
morto. Oggi, per fortuna il campanile scandirà con i suoi rintocchi,
solo il tempo della mia gara e l'unico rumore estraneo sarà quello
provocato dal decollo di due aerei, che normalmente dà fastidio, ma
in questo caso l'ho visto come una speranza per il futuro.
Naturalmente il
pensiero va a tutte le persone coinvolte nel dramma: ai medici, agli
infermieri e a tutte le persone coinvolte nell'assistenza dei malati:
a loro auguro di poter presto prendersi un meritato riposo. Questo
vorrà dire che il peggio è alle nostre spalle. Se a loro posso
augurare riposo, ai malati posso solo augurare “fatica”. Ai nonni
ed alle nonne la fatica di portare i nipotini al parco, di leggere
loro favole. Ai papà ed alle mamme la fatica di seguire i propri
figli in una corsa o di poter essere di aiuto nei compiti. A tutti
gli altri la fatica di una lunga passeggiata in montagna.
Un pensiero particolare
per Giuditta, che, come nella sua prima maratona ha vinto la gara nei
miei confronti, ora sta vincendo quella più importante ed è ora a
pochi metri dal traguardo.
Penso alle ONG, che
bistrattate fino a ieri da alti esponenti del governo, ora sono dagli
stessi invocate. Penso al bel gesto dei tifosi dell'Atalanta, che
settimane fa avevano donato i rimborsi della mancata trasferta ed in
giorni più recenti ancora aiutato l'Ospedale, come Mauro, edicolante
di Albegno e tifoso atalantino in prima linea. Solidarietà macchiata
dal gesto di chi ha distrutto lo striscione esposto a Sarnico con la
scritta “Divisi sugli spalti, uniti nel dolore”.
Penso alle parole
conclusive del discorso del nostro presidente Mattarella: “Abbiamo
altre volte superato periodi difficili e drammatici. Vi riusciremo
certamente - insieme - anche questa volta”
Penso alle parole del
Papa: “Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti
fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari,
tutti chiamati a remare insieme”.
Parole che sono insieme
un richiamo ed un monito; pensieri che un grande Bergamasco come
Felice Gimondi sintetizzerebbe in “Non mollare mai fino alla
fine”.
Non mollare … solo
ora mi rendo pienamente conto che sto correndo.
Ecco, ora devo solo
bere l'ultimo amaro calice ...
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