Fine febbraio: intere
zone del Paese sono in fibrillazione per la grave situazione
sanitaria; numerose e strane polmoniti stanno colpendo non solo i
vecchi. Codogno è dichiarata “zona rossa”. Nessuno entra,
nessuno esce. Si pensa che sia sufficiente, d'altronde “...non
siamo mica in Cina!”. Tutti i podisti sperano che sia un fuoco
di paglia e che i mesi di allenamento non siano da buttare alle
ortiche. Molte maratone sono alle porte: Bologna, Brescia, Milano,
Roma etc. etc.; nessuno pensa che possano saltare. Ma la dura realtà
piano piano prende il sopravvento. La situazione diventa tragica.
DPCM 8 marzo: “Sull'intero territorio nazionale e' vietata ogni
forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al
pubblico ...”. Ad una a una le gare in
calendario prima vengono sospese, poi alcune annullate, alcune
posticipate. Ma non è tutto: non si può uscire di casa per correre,
o meglio si può uscire ma con un limite di 200 metri dalla propria
abitazione. Dopo un primo momento di smarrimento, ecco podisti
“inventarsi” percorsi alternativi: chi si crea un percorso sul
balcone, chi in casa, chi nelle aree comuni condominiali; i più
fortunati possono correre in giardino.
A metà marzo sono diversi gli
atleti che si cimentano su questi percorsi. La novità viene ripresa
da numerosi siti di stampa locale, da siti che si occupano di
podismo; anche i giornali danno ampio spazio a queste imprese (beh,
con tutte le manifestazioni sportive annullate, dovevano pur occupare
le colonne libere). Un termine, su tutti i mezzi di informazione,
accompagna queste manifestazioni: “VIRTUALE”. Anche io mi
sono creato un percorso in giardino: 62,5 metri la lunghezza,
“CoronArena” il nome. Ma fin dalla preparazione del percorso mi
sono accorto che il termine “virtuale” mal si addiceva alla
maratona che dopo qualche giorno avrei corso su quel percorso. Per
togliermi i dubbi, ho controllato il significato del termine
“virtuale”, che forse non mi era ben chiaro. (Treccani
– Repubblica).
Diversi sono gli usi della parola virtuale. La definizione che più
avvicina all'uso in questo contesto credo sia “ ...situazione
simulata dal computer, con tutte le caratteristiche di quella reale,
rispetto alla quale è possibile interagire”. In
effetti la Formula 1, non potendo disputare Gran premi in pista, ha
organizzato un Campionato Virtuale (SKY
– CircusF1).
Piloti comodamente seduti sul divano della propria abitazione, aria
condizionata se fa caldo, riscaldamento acceso se fa freddo e se
piove … nessun problema: in casa si sta asciutti. Come secondo
passo mi sono chiesto: la maratona che tracciato deve avere? Una
rapida (anche se superficiale) consultazione delle regole. Nessuna
limitazione al tracciato per omologare la maratona, solo alcune
limitazioni per omologare la miglior prestazione ottenuta: dislivello
max 42 metri, distanza tra località di partenza e di arrivo max 20
km. Bene, quindi si può definire “maratona” un percorso con una
distanza di 42195 metri, anche se questa è ottenuta su un percorso
più adatto ai criceti che ad un podista “sano di mente”! Dopo
queste prime considerazioni, ecco in programma nel CoronArena la
prima maratona, non una maratona “virtuale”, ma “pazza”, la
“Crazy Marathon”.
Questa doveva essere la
prima ed unica gare disputata nel CoronArena, ma la pazzia podistica
è contagiosa e la settimana successiva in programma “Quarantine
Half Marathon” (anche qui assente il termine virtuale). La
differenza di questa gara sta nel fatto che è disputata da più
atleti che corrono su percorsi diversi (tutti nel rispetto delle
regole del DPCM). Forse più atleti che corrono su percorsi diversi
possono giustificare il termine “virtuale” alla gara? La risposta
mi viene fornita dalla “storia” podistica. Un nome, “Vivicittà”,
una gara che si disputa in diverse città, ma che alla fine prevede
venga stilata un'unica classifica! Per chi non conosce la
manifestazione organizzata dalla UISP, ricordo che è nata il 1
aprile 1984. Anche qui nessun riferimento virtuale nella classifica
finale né nella gara. (ricordo che la classifica apportava dei bonus
e dei malus, secondo le difficoltà del tracciato).
Come me migliaia di
atleti durante il lockdown hanno disputato gare in circuiti
autogestiti, gare che mi ostino (forse sbagliando) a non chiamare
“virtuali”.
A mia giustificazione,
porto alcuni ”fatti reali”:
- reale era il mal di
gambe e di schiena al termine di ogni singola gara,
- reale era la pioggia
che mi ha bagnato, beh, solo per poco tempo,
- reale era il sangue
dovuto ad una caduta
- reali erano i “bip”
“bip” sul telefonino che mi avvisavano che i miei compagni di
avventura avevano già terminato la loro gara,
- reale era il sudore
che bagnava la mia maglietta,
- reale era
l'avvertimento di Rossana: “Mi raccomando, non entrare in casa
con quella maglietta puzzosa”
- reale era la somma
che ad ogni gara “pagavo” a favore di Enti ed Associazioni,
- ma
soprattutto REALE era il mio impegno, profuso in tutte le
manifestazioni corse nel CoronArena
Beh, questo è il mio
pensiero.
Se poi qualcuno vuole continuare e definire queste
manifestazioni/gare come virtuali, nessun problema: lo invito
volentieri a pranzo, naturalmente un pranzo … VIRTUALE!
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