Donna, vita, libertà. Ecco il significato delle parole in arabo del titolo del post. Questo è il grido lanciato da centinaia di donne iraniane durante le manifestazioni che ormai da un paio di mesi scuotono le piazze dell'Iran. Quale occasione migliore per ricordare il 25 novembre “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne”?. Questa ricorrenza è stata istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999. Naturalmente la mia “celebrazione” (termine forse non molto indicato, ma non me ne vengono in mente altri) non poteva essere che una corsa. Due anni fa corsi una maratona (Maratona in rosso), quest'anno mi limito ad una mezza per … limiti di età. Come sempre la corsa è un pretesto per approfondire l'argomento (in questo caso la violenza sulle donne), che è il vero motivo. Correre da soli, soprattutto su un circuito, è un mezzo per tenere impegnata la testa, per non far sentire la stanchezza alle gambe. Mi sono chiesto perché il 25 novembre?
Ecco la spiegazione.
Il 25 novembre 1960, nella Repubblica Dominicana, furono uccise le sorelle Mirabal (Aida Patria Mercedes, Maria Argentina Minerva, Antonia Maria Teresa), tre attiviste politiche, per ordine del dittatore Rafael Leónidas Trujillo. Mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione, furono bloccate sulla strada da agenti del Servizio di informazione militare. Condotte in un luogo nascosto nelle vicinanze furono stuprate, torturate, massacrate a colpi di bastone e strangolate, per poi essere gettate in un precipizio, a bordo della loro auto, per simulare un incidente.
Soddisfatta questa piccola curiosità siamo pronti alla partenza della nostra mezza maratona. Eh, sì, questa volta non sono solo: oggi sarà mio compagno Stefano. Correre in due offre il vantaggio che si può chiacchierare, così facendo i chilometri, pur essendo sempre lunghi mille metri, sembrano più … corti. Per la verità, oggi i silenzi saranno più lunghi del solito, in quanto, visto l'argomento motivo della corsa, saranno motivi di riflessione. Oggi la linea di partenza sarà un po' diversa. Punto di partenza sarà la “Panchina rossa”, altro modo di sensibilizzazione contro la violenza di genere.
A Treviolo è situata in un luogo, il parco Callioni, dove le persone si incontrano, si fermano a dialogare, si conoscono; le panchine rosse diventano così simbolo di non violenza e “ monumento civile”. Giornata fredda, ma soleggiata, il che rende la corsa piacevole. Come dicevo, oggi i silenzi sono, non per mancanza di argomenti, ma più riflessivi. Passano per la mente situazioni tragiche di donne uccise, non da sconosciuti ma dai propri compagni, il che rende ancora più tragica la tragedia. In alcuni casi ad aggravare la situazione sono le istituzioni (in questo caso scritte con la “i” minuscola), che, di fronte a conclamate situazioni che non ascoltano con attenzione, nascondendosi dietro cavilli, diventano, a mio personale giudizio, complici del femminicidio. In altre parti del mondo la situazione di violenza sulle donne è ancora, se possibile, più grave che in Italia e nel mondo occidentale: là è lo stato, o forze appartenenti allo stato, a fare brutale violenza sulle donne. È violenza di massa e qui possono essere visti come complici tutti quelli che, per varie ragioni, voltano la testa dall'altra parte. Tra silenzi e qualche chiacchierata i giri passano, forse non veloci, ma passano.
Eccoci, ormai siamo alla fine della nostra mezza. 2h 40' 40”, il mio tempo, qualche secondo in meno quello di Stefano. Per una volta non sono il vincitore di una “mia gara”, anche se devo essere sincero: sono stato “imbrogliato” da Stefano, che per tutto il primo tratto dell'ultimo giro ha lamentato un dolore al piede, dolore che è miracolosamente scomparso a poche centinaia di metri dalla fine. Mah...
Un paio di precisazioni sulla mezza. Il nome della gara “Hossein, Zan, Zendeghi” è la frase gridata dalle donne iraniane durante le loro manifestazioni per la libertà. Mi è sembrato opportuno farlo riecheggiare anche lungo le sponde del Brembo.
Il numero di pettorale era “104”, che corrisponde al numero di donne uccise in Italia dall'inizio dell'anno fino ad oggi. Spero con tutto il cuore di correre, l'anno prossimo, una maratona con lo stesso motivo di quest'anno, ma con il pettorale con il numero “0”.
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