domenica 27 gennaio 2019

Un passo dopo l'altro...

ed al traguardo il “premio”: la vita!
Sono stato molto in dubbio se scrivere questo post. Siamo nel 2019: i mezzi di informazione in quest'ultima settimana ricordano con dovizia di particolari il 27 gennaio del 1945, quando le truppe Russe entrarono nel campo di concentramento di Aushwitz, liberando i superstiti. La risoluzione n. 60/7 anno 2005, delle Nazioni Unite, dichiarò il 27 gennaio giornata mondiale in ricordo della Shoah. In questo caso le NU giunsero seconde, infatti una legge italiana (n. 211 del 20 luglio 2000), aveva già indicato la data del “ 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.
Questo si legge nell'articolo 1.
Perché allora scrivere un post su quest'argomento? E soprattutto, come collegare un argomento così importante con i testi, a volte anche frivoli, di un blog che parla in prevalenza di corse e cammini? La prima risposta, il perché, è venuta leggendo che un senatore (non faccio il suo nome, in quanto mi vergogno) della repubblica Italiana, forse alla ricerca di una facile notorietà, male informato (?), ma soprattutto poco intelligente (essere eletti senatori non dà in dote l'intelligenza!), ha inserito in un suo tweet richiami e collegamenti ai “Protocolli dei savi di Sion”, un falso documentale creato dall'Ochrana, la polizia segreta zarista, con l'intento di diffondere l'odio verso gli ebrei nell'Impero russo, già dichiarati falsi e frutto di plagi all'inizio del secolo scorso. La risposta alla seconda domanda, quale collegamento tra il blog e la Giornata della Memoria, mi viene data da una senatrice della Repubblica Italiana: Liliana Segre, reduce dall'Olocausto che ricorda la suaMarcia(e) della Morte”: movimenti forzati di decine di migliaia di prigionieri dei campi di concentramento situati in Polonia, che nell'inverno del 1944-45 stavano per essere raggiunti dalle forze sovietiche, verso altri lager all'interno della Germania.

Mi capita spesso di assistere a racconti di atleti che hanno disputato gare sulla lunga distanza definendole “massacrati” oppure "ai limiti della resistenza umana” e si gonfiano il petto mostrando con orgoglio la maglietta di “finischer” oppure portano al collo la medaglia per un'intera settimana (uhmmm... forse la tolgono quando si fanno la doccia!). Allo stesso tempo anche i “pellegrini” non sono distanti da queste soddisfazioni “terrene”. Mi è capitato spesso di assistere, facendo la fila per il ritiro della Compostela, a lunghe disquisizioni sulle loro imprese, dove l'aspetto principale del loro pellegrinaggio è il tempo impiegato (“meno ci metto, più sono bravo...” oppure sulle distanze medie delle tappe (“ho fatto tappe più lunghe e merito di più...”). Massimo rispetto per gli atleti che compiono imprese, per esempio non è da tutti fare il “Tour de Mont Blac”, la “Spartathlon” oppure il “Tour de Geants”, tanto per citare alcune delle gare di ultratrail più conosciute. Come pure accetto che si possa compiere un pellegrinaggio in poco tempo e quindi percorrendo tappe più lunghe. Ma analizzando bene le cose, è super chi compie queste imprese? Oggi si corre con materiali tecnici, con adeguati ristori lungo i vari percorsi, con riserve di barrette e gel energetici nelle tasche; chi fa pellegrinaggi, anche se lunghi centinaia di chilometri, ha zaini capienti con tutto l'occorrente per ogni situazione: ombrello e mantella se piove, scarpe di ricambio se è bagnato il primo paio, adeguati ostelli per riposi ristoratori. Al termine della gara si è accolti da un pubblico festante, una miss ti mette al collo la medaglia, alla fine del pellegrinaggio una lauta cena ti aspetta.

Chi partecipava alle “Marce della morte” non aveva nessun pettorale: il numero era inciso indelebilmente sul braccio destro. Non vi erano punti di ritiro: una pallottola in testa a chi non riusciva a tenere il ritmo. Un tozzo di pane gettato nel fango era il misero ristoro offerto dall'efficiente organizzazione tedesca. Una frase per descrivere la “sua” marcia, più volte ripetuta, quasi ossessivamente, da Liliana mi è rimasta impressa: “un passo dopo l'altro, un passo dopo l'altro...”. Alla fine della marcia, come “premio” per i sopravvissuti, non una medaglia, non una maglietta, neppure una Compostela li attendeva. Li attendeva il bene più grande: la VITA!

In ricordo di TUTTE le vittime dei campi di concentramento.
PER NON DIMENTICARE!


STELLA GIALLA : indicava gli ebrei, la categoria più numerosa rinchiusa nei campi di concentramento. Portavano un contrassegno a sei punte, formato da due triangoli sovrapposti: talvolta un triangolo colorato (nero, rosso ecc.) per indicare la distinzione per categorie generali, e uno giallo per l'appartenenza alla religione ebraica. Per esempio una stella formata da un triangolo giallo e uno rosso, designava un ebreo arrestato anche come politico (Jiidischer politischer Schutz haftling).
TRIANGOLO ROSSO: indicava i prigionieri politici, nei confronti dei quali era stato emesso un mandato di arresto per motivi di sicurezza (Schutzhaft), per cui sui registri, questi deportati erano indicati come Schutz haftling.
TRIANGOLO VERDE: designava i criminali comuni (Berufsverbrecher - BV) vale a dire una serie di detenuti di origine tedesca fra i quali spesso venivano scelti i capi blocco (kapò) e i sorveglianti delle squadre di lavoro, incaricati di mantenere l'ordine e fare funzionare il lager.
TRIANGOLO NERO: Il nero veniva attribuito agli asociali (Asoziale - Aso) un gruppo non precisato di internati in cui erano compresi le prostitute, i senza fissa dimora e, all’inizio, anche gli zingari.
TRIANGOLO BLU: Il blu veniva attribuito agli immigrati, agli apolidi e ai rifugiati all'estero della guerra Repubblicana di Spagna.
TRIANGOLO VIOLA: Il viola era attribuito agli studiosi delle Sacre scritture (Testimoni di Geova) o ai religiosi in genere, fatta eccezione per i sacerdoti polacchi.
TRIANGOLO ROSA: Il rosa marchiava coloro che erano accusati di omosessualità.
TRIANGOLO MARRONE: Questo colore era attribuito alla popolazione di origine Zingara , Rom e Sinti.

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