Premessa
Un’amica di mia figlia ha vissuto la sua infanzia a Sarajevo durante l’assedio (dal 5 aprile 1992 al 29 febbraio 1996). In tutto questo periodo, dopo i primi mesi di terrore, ha cercato di vivere con la sua famiglia una vita “normale”, tornando alle vecchie semplici e quotidiane abitudini, non solo quelle necessarie ed obbligatorie, come ad esempio fare la spesa o frequentare la scuola, ma anche frequentare parchi giochi o semplicemente fare una passeggiata con i suoi genitori, naturalmente con tutte le necessarie e dovute cautele. È stato un modo non solo per esorcizzare la guerra, ma anche un modo di “resistere” all’aggressione. Ora, a distanza di anni, questi comportamenti le hanno permesso di non risentire in modo pesante di traumi che spesso rendono impossibile vivere una vita normale, anche se sono passati decenni.
Il gesto più naturale che, credo, tutti gli amanti della corsa fanno quando escono di casa per una corsa, che sia un semplice allenamento od una competizione, è rivolgere lo sguardo verso il cielo, per capire che tempo farà e di conseguenza se l’abbigliamento scelto è adeguato al tempo atmosferico. Lo so che alcuni si affidano ad una app sul proprio telefonino per fare ciò, ma si può essere più precisi di chi abita da sempre nella zona e, vedendo le nuvole che incoronano una montagna o seguendo la direzione del vento, sa “predire” il tempo meglio delle ormai sempre presenti app? Anche io, quando esco a correre, alzo lo sguardo al cielo. Oltre a vedere, sento anche. Sento il rumore attenuato di un aereo che decolla dall’aeroporto di Orio al Serio e mi immagino turisti felici che stanno andando verso luoghi di villeggiatura. Più raramente, ora, sento il rumore assodante di elicotteri, che si recano presso l’ospedale Papa Giovanni, distante solo un paio di chilometri dalla mia abitazione. In questo caso stanno trasportando malati o feriti verso un sicuro luogo di cura. Insomma, io vedo il cielo e posso dedurre le mie conclusioni sull’abbigliamento e, se sento rumori, so che sono rumori che portano felicità o speranza. Sono fortunato. Ma non per tutti i podisti è così. Immaginate un podista Ucraino. Anche lui uscendo da casa guarderà il cielo e sentirà dei rumori. Probabilmente sentirà il sordo rumore, quasi impercettibile di un drone o il fischio tonante di un missile, il tutto preceduto dal suono delle sirene che, per quanto assordante, è una costante quotidiana in molte zone del paese. Eh, sì, qui non si parla della linea del fronte, incerta ma limitata in zone ben definite, stiamo parlando di zone che distano centinaia di chilometri ma non per questo sono sicure. Qualcuno, sono sicuro, obietterà che, anche se distanti dal fronte, sono obiettivi militari e quindi soggetti ad attacchi. Sono forse obiettivi militari scuole, biblioteche, parchi giochi, condomini abitati da persone anziane …? Potrei continuare, ma sono certo che avete capito il ragionamento. Ecco quindi che anche il semplice “uscire per una corsetta” diventa vitale, una resistenza ed una resilienza verso la brutale aggressione, che servirà a distanza di anni e, si spera, dopo una vera pace giusta, a vivere un futura vita serena, come per la bambina di Sarajevo, amica di mia figlia. Durante le mie corse in solitudine (beh, poteva essere diverso per … Lupo Solitario?), mi sono chiesto: “Posso fare qualcosa per gli amici ucraini che hanno la mia stessa passione: correre?”. Negli anni passati ho cercato di essere vicino in modo “materiale” inviando, anche con l’aiuto di amici podisti, in Ucraina, tramite l’associazione Zlaghoda di Bergamo, materiale scolastico, viveri, pannolini, batterie, etc. etc. È possibile ora essere al loro fianco in modo “ideale” (quasi spirituale) cercando di farli sentire meno soli nel loro dramma? La possibilità mi è offerta da un’applicazione (ah, la potenza delle app!) del mio smartwatch, che consente di inviare la richiesta di connessione con altri utenti dell’applicazione. Detto, fatto! Inviata ed accettata la prima richiesta con un utente di Kyiv, utilizzando le sua connessione, ho iniziato la mia “collezione” di amici Ucraini. Ad essere preciso, la richiesta l’ho pure fatta a molti miei compagni di squadra, ma … Di concreto non faccio poi molto, mi limito a mettere dei like ad attività di corsa effettuate in Ucraina, leggendo le “mappe” dei loro percorsi, che molte volte sono le stesse città che i telegiornali indicano come bersagli. Piccole, anzi piccolissime cose, ma hanno il grande valore di non far sentire soli ed isolati podisti meno fortunati di noi.
Alla fine delle mie corse domenicali, tornando verso casa, vedo leggeri fumi bianchi che spuntano sopra le siepi da vari giardini: sono i fumi dei barbecue che consentono ad amici di passare una serena domenica in compagnia. Il podista Ucraino, al ritorno dalla sua corsa, vede una nera colonna di fumo provenire dalla zona dove abita e spera che non sia la sua casa quella colpita da un drone assassino.
Che la pace, una GIUSTA pace, possa finalmente far scrutare il cielo solo per vedere se mettere o non mettere l’abbigliamento anti-pioggia anche in quei luoghi!Post sul blog collegati
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