Il mio desiderio, quando corro una maratona, non è certo quello di fare un buon tempo, ormai il tempo per quel desiderio è passato da molto, ma di trovare qualcuno con cui trascorrere il tempo che va dallo sparo che dà inizio alla gara al “bip” che fa il chip non appena si passa il traguardo. Secondo chi trovo disposto a condividere con me questo tempo, varia pure l'argomento. Se, ad esempio, come è successo nell'ultima maratona di Reggio Emilia, si accoda al mio codino quello di Pasquale (Giuliani), il primo argomento riguarda i nipotini, per poi terminare col ricordare i molti amici che hanno condiviso con noi gioie e qualche volta anche dolori, in qualche maratona. Non mi dilungo oltre, per non annoiarvi, o forse solo per poter condividere con qualche curioso lettore il tempo in una prossima maratona. Questo, naturalmente, è possibile solo in gare dove ci sono altri partecipanti oltre al sottoscritto (beh, così direbbe Lapalisse!). Spesso corro maratone “ad argomento”, dove, oltre ad essere l'organizzatore, sono pure l'unico concorrente e … il vincitore; anche se ormai il tempo delle restrizioni legate al “malo male” è passato, mi è rimasta questa abitudine; non sarà forse l'effetto del “lóngo malo male”?. Il campo di gara è l'anello del circuito della Roncola (certificato FIDAL) e, come direbbe il mio amico Rosario, “Dopo quattro giri si è già fuori di testa...!”. Per evitare questo, cerco di impegnare la testa riflettendo sull'argomento della gara, ad esempio sulla giornata della Memoria o quella del Ricordo. Oggi, giornata di Pasqua, nessuna maratona in programma, solo una mezza … Non venti giri, solo dieci, ma il problema si presenta lo stesso. Ecco che, fatto il primo giro, mi sono ricordato di alcuni temi che hanno caratterizzato la Via Crucis organizzata nella mia Parrocchia e di qui alcune mie riflessioni sulla Passione, confrontandole, adattandole ad una maratona. Maratona vista come una metafora della vita.
Una delle pagine offerte per riflettere è stata la lettura di alcune righe tratte dal libro “Oscar e la dama in rosa” di Eric-Immanuel Schmitt (- per saperne di più -)
Oscar è un bambino di dieci anni, ospedalizzato a causa di una leucemia in fase terminale. Consapevole della gravità della propria malattia, vorrebbe parlarne con gli adulti, ma sia il proprio medico che i genitori evitano i discorsi sulla sofferenza, perché la temono. Solo una volontaria dell'ospedale, chiamata dal piccolo nonna Rosa, capisce la sua voglia di risposte. Questa lo invita a scrivere delle lettere a Dio, per raccontargli la sua vita
“«Come ero stanco stamattina!» «È normale fra i venti e i venticinque anni. Si esce la sera, si gozzoviglia, si fa la bella vita, non ci si risparmia. E questo si paga. Se andassimo a trovare Dio?» «Ah, ecco, hai il suo indirizzo?» «Penso sia nella cappella.» Nonna Rosa mi ha vestito come se si partisse per il Polo Nord, mi ha preso fra le sue braccia e mi ha accompagnato alla cappella che si trova in fondo al parco dell’ospedale, oltre i prati gelati. Insomma, non sto a spiegarti dov’è, visto che è casa tua. È stato un colpo quando ho visto la tua statua, insomma, quando ho visto in che stato eri, quasi nudo, magro magro sulla tua croce, con delle ferite dappertutto, il cranio sanguinante sotto le spine e la testa che non stava nemmeno più sul collo. Mi ha dato da pensare. Mi sono sentito rivoltare. Se fossi Dio, io, come te, non mi sarei lasciato ridurre in quel modo.
«Nonna Rosa, sia seria: lei che era lottatrice di catch, lei che è stata una grande campionessa, non si fiderà di quell’essere!». «Perché, Oscar? Daresti più credito a Dio se vedessi un culturista coi muscoli gonfi, la pelle unta d’olio, i capelli corti e il minislip che fa risaltare la virilità?» «Beh...» «Rifletti, Oscar. A chi ti senti più vicino? ...”
A chi, io maratoneta, sono più vicino? A chi vince o a chi fa di tutto per portare a termine la sua gara nel migliore dei modi, secondo “i suoi talenti”? Siamo sicuri che primeggiare dia sempre notorietà? Se io chiedessi ai miei venticinque lettori, parlando della maratona olimpica di Londra del 1908, di segnalare un nome, direbbero: “Dorando Petri (o Pietri)”, oppure risponderebbero “Johnny Hayes”? Personalmente non ricordo il nome della vincitrice della gara femminile di Los Angeles, ma ricordo perfettamente l'arrivo di Gabriela Andersen-Schiess, giunta al traguardo stremata, ma … arrivata!
Altro motivo di riflessione è quello dell'aiuto che uno dà/riceve nella maratona come nella vita, ricordato nella stazione V, dove un Cireneo è il principale attore. Riflettendo su questo, la mente è andata alla mia ultima maratona corsa, dove due Cirenei hanno aiutato a sopportare la fatica e tolto la voglia di abbandonare, accompagnando fino al traguardo due atlete. Diverso l'obiettivo finale, come diverse erano le aspettative, ma sono sicuro che senza quell'aiuto il risultato sarebbe stato diverso.
Senza accorgermene, sono al decimo giro! Fine della mia gara; tempo 2h 37' 23”.
P.S. Credo che questo post, anche se un po' al di fuori dagli schemi, mi abbia aiutato, non solo a “non andare fuori di testa”, ma a capire meglio il significato della Pasqua e, traslando (magari arrampicandomi sugli specchi), ad abbinarlo ad un maratoneta nel momento in cui taglia il traguardo.
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