Durante la sua ultima vista David è stato un ottimo aiutante giardiniere; la sua paga era “due soldi” al giorno. Le ortensie non avevano mai avuto una innaffiatura così accurata; il prato ha ringraziato per l’abbondante acqua ricevuta, seconda solo alle piogge di questa primavera. Il “lavoro” che più ha entusiasmato il mio aiutante è stato raccogliere i rami potati del glicine e metterli nel bidone. Ogni ramo era un particolare tipo di drago o di alieno, per cui prima di essere messo nel bidone affrontava un combattimento, durante il quale veniva letteralmente fatto a pezzi, per cui quando il “drago” veniva posto nel bidone era completamente “triturato”.
Riempiti i bidoni, alla fine della giornata, dopo innumerevoli combattimenti, si doveva portare quello che restava dei “draghi e alieni” alla stazione ecologica.
Ed ecco durante il tragitto verso la stazione ecologica una dolce sorpresa: le piante ai bordi della pista ciclabile erano dei gelsi carichi di frutti maturi: dolci e succosi, molto apprezzati dal mio aiutante.
Questo fatto mi ha riportato alla mente antichi ricordi e suggerito alcune riflessioni.
I ricordi si perdono nel secolo scorso, quando qualche domenica d’estate tutta la famiglia passeggiava lungo strade di campagna, dove alberi di gelso non solo facevano ombra ma offrivano i frutti: era una delle poche occasioni per mangiare qualcosa di dolce.
Eh sì, il gelso era una pianta utilizzata in abbondanza in Lombardia, non solo per i bachi da seta, ma anche e soprattutto per delimitare i confini delle proprietà. Era usuale vedere lunghe file di gelsi che d’inverno, per la loro tipica potatura, sembravano file di soldatini. Ora si abbandona questa pianta tradizionale per sostituirla, in molti parchi e giardini, con piante d’ulivo, certo belle ed affascinanti nelle forme, ma non appartenenti alla nostra “cultura contadina”. Per questo ho molto apprezzato la scelta del nostro Comune di utilizzare il gelso, anche se il tipo utilizzato credo sia stato appositamente “modificato” per usi decorativi; infatti le foglie sono diverse da quelle selvatiche, ma fortunatamente producono i frutti.
Sono stato particolarmente contento che David abbia potuto gustare un tipico frutto della tradizione lombarda, che credo difficilmente potrà riassaporare altrove.
Come ultima annotazione devo dire che nelle ultime giornate il mio aiutante ha rilevato l’impresa ed ero io alle sue dipendenze.
La mia paga giornaliera? “Due soldi”... Naturalmente!
© Foto Fausto Dellapiana 2013
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