Negletto: Trascurato, non preso in considerazione (vedi). La lingua italiana è una lingua molto ricca. Purtroppo di molte parole si perde l’uso, in alcuni casi a favore inglesismi che nulla hanno a che fare con la nostra cultura. Lo so, avrei potuto evitare quell’aggettivo, ora forse un po’ obsoleto, ma … potevo evitare la rima? Se chiediamo a chi frequenta abitualmente Città Alta di indicarci quali sono le scalette, nove intervistati su dieci risponderanno: “La scaletta dello Scorlazzino e dello Scorlazzone”; qualcuno più informato potrà aggiungere: “La scaletta di Via Fontanabrolo o di Via delle More…”. Certo, queste sono le più conosciute e le più frequentate, ma come alcuni vocaboli italiani, ci sono delle Scalette che sono dai più trascurate per vari motivi. Oggi, nella mia personale salita verso quota 8848 del Monte Everest, cercherò di passare per alcune di queste, già sapendo che ne esistono molte altre. Correndo in solitaria, per non pensare … alla salita e per tenere impegnata la “testa”, in modo che le “gambe” non sentano molto la fatica, darò loro una mia personalissima denominazione, in relazione alle loro caratteristiche, il numero a fianco di ogni “scaletta” (ed in molti casi “scala tradizionale”) che indica il numero dei gradini fatti in salita.
Scaletta Bellavista (48) – La trascurata –. È la prima che affronto, dopo circa quattro chilometri; è la più lontana da Città Alta, ai confini del quartiere Longuelo. Dopo averla salita, si ridiscende da altra via per affrontare la Scaletta di Via Moratelli (97) – La Strana -. La salita inizia al primo bivio della più conosciuta Scaletta di via Ripa Pasqualina. La stranezza è data dal fatto che il primi gradini, a fronte di un’alzata di circa 10 centimetri hanno una pedata, in leggera pendenza, di alcuni metri. Credo che questo fatto sia per consentire l’accesso ad alcune abitazioni, ora abbandonate, con cavalli o piccoli carretti. Alla termine di questa scaletta, dopo poche centinaia di metri, si raggiunge la fontanella, posta all’inizio della scaletta dello Scorlazzone, che consente di raggiungere rapidamente (beh, si fa per dire) San Vigilio ed il suo Castello. Avendola già fatta settimana scorsa, oggi opto per raggiungere il Colle di San Vigilio … in discesa. Eh, sì, è possibile! Certo, la strada da fare è molto più lunga.
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Proseguendo per Via Torni, via gen. Marieni e Via San Sebastiano, eccomi ai piedi della Scaletta Traccia Partigiana (80) – La patriottica –. In questa zona passarono i partigiani dopo l’azione di Villa Masnada. Eccomi, dopo altri chilometri in salita, ad affrontare la scaletta di Monte Bastia (38) – La vetta –. Questo infatti è il punto più alto del Comune di Bergamo (almeno credo). Si raggiunge quindi il colle San Viglio … in discesa. Per raggiungere la torre del Castello non una scaletta, ma una scala (74) – La difensiva -. Immagino la salita dei difensori in cima a questo bastione difensivo fatta, come nel mio caso, con tutta calma. Infatti, come la storia dice, il castello non fu mai attaccato! Discendo verso il centro di Città Alta non per la ripida discesa, ma per la più dolce via panoramica, che mi consente di accedere alla Scaletta all’Orto Botanico (152)– La naturale –. Oggi nessuna visita per ammirare le varie specie di fiori, o per un meritato riposo sulle ombreggiate panchine poste all’interno del Orto Botanico, meta anche oggi di molti turisti. Toccata e fuga, o meglio salita e discesa. Con una piccola deviazione mi concedo la salita della Scalinata di San Matteo (109) – La fotogenica –. Le assegno questa denominazione perché alcuni anni fa fu splendida cornice per la tradizionale foto di gruppo dei Runners Bergamo, in occasione dell’annuale Sgambada.
Passando per la Boccola, ripida e temuta salita, alcune volte decisiva nel finale del giro di Lombardia, quando l’arrivo è a Bergamo, ed eccomi all’imbocco di una scaletta nuova, almeno nella parte iniziale: la Scaletta del Parcheggio (237)– La nuova –. La parte finale conduce alla Rocca, passando dove una volta vi era un piccolo Zoo della fauna Bergamasca, ora non più presente. Rimane però la vecchia piantina che indica la posizione delle varie gabbie con gli animali. Di colpo mi sono sentito bambino, quando vistavo con i miei genitori questo piccolo zoo. Classica ed immancabile salita alla Torre del Campanone (227) – La turistica – e al Palazzo della Ragione (48) – L’artistica –. In questi giorni all’interno del Palazzo della Ragione, dove un tempo Rossana affrontava esami universitari, è possibile ammirare un’opera di Cattelan. Ormai sono quasi giunto al termine della mia odierna salita verso la cima. Sulla via del ritorno affronto la mia ultima fatica: la Scaletta di S. Erasmo (82) – L’abbandonata –. Infatti ora al termine vi è un cancello chiuso e la scaletta ha i gradini molto deteriorati nella parte finale. Per gli amanti della statistica: chilometri percorsi: 24,78 con il tempo di 4h 06’ 16”. Dislivello positivo: 568 metri. Gradini (in salita): 1272.
L’abbraccio di un bambino in cima al Campanone. All’inizio della salita una famiglia di asiatici voleva salire in ascensore. Ho suggerito loro che sarebbe stato più interessante fare la salita a piedi. Il loro il figlio di circa 8/9 anni all’inizio sembrava non farcela; appena dopo un paio di rampe eccolo salire sicuro e veloce. Ci siamo ritrovati in cima e gli ho fatto i complimenti. In un primo momento è sembrato sgomento, ma, sentita la traduzione del papà, sul suo viso è apparso un sorriso ed è corso ad abbracciarmi.
Chissà che in futuro questo ragazzino ritorni in Italia per correre il Giro del Monte Bianco e, vedendo concorrenti con la divisa dei Runners Bergamo, non si ricordi di quel vecchio Lupo Solitario, evabbè di quel vecchio maratoneta con la stessa divisa RB, con capelli bianchi legati in un codino, che gli consigliò di raggiungere la cima della torre con le sue forze.
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