Si è conclusa la settimana scorsa l'avventura europea dell'Atalanta che, pure sconfitta, ha disputato una buona partita. Non mi intendo molto di calcio (diciamo pure che le mie nozioni sono sotto il livello minimo), ma ho visto da parte di tutti i giocatori un impegno agonistico che ci ha fatto sperare fino alla fine. La squadra non ha certo difeso il risultato, ma ha cercato di aumentare il vantaggio. “Usciti dal campo con l'onore delle armi”, questi, in estrema sintesi, sono stati i titoli dei giornali il giorno dopo. Ma cosa c'entra questo con la corsa? Avete regione, l'introduzione merita una spiegazione, che poi si ricollega al titolo del post. La tifoseria atalantina non è certo tra le più tranquille, ma spesso mostra un'altra faccia. Un verso della poesia “La rassa Bergamasca” (vedi) recita “Prima de töt, l’è zét che la laùra” (“Per prima cosa, è gente che lavora”). Ne abbiamo avuto la prova durante i mesi di chiusura totale, dove il volontariato bergamasco (e non solo) ha dato il meglio di sé. Un esempio per tutti la costruzione del reparto di terapia intensiva presso la fiera di Bergamo. Centinaia di ore di lavoro volontario … dei volontari di molte associazione, e tra questi quella dei tifosi atalantini.
Il carattere bergamasco guarda al sodo. Una scritta fatta, qualche anno fa, dai tifosi atalantini fuori dallo stadio mi è rimasta impressa: “La maglia sudata sempre!”. Alla fine il risultato è secondario, se l'impegno profuso in campo è stato il massimo. Si può vincere oppure perdere, quello che non si deve perdere è la dignità, non si può “non giocare”. Ecco, nel mio piccolo cerco di attenermi a questa regola. Durante l'isolamento non ho smesso di correre, ma ho cercato soluzioni alternative alla corsa su strada, come la corsa in giardino, con tutti i limiti del caso. Ancora una volta faccio presente che le motivazioni che mi hanno spinto a correre vanno al di là del (piccolo) gesto atletico: resilienza è stata la molla che mi ha spinto alle imprese da criceto. In questo non sono stato solo. In molti hanno abbinato la solidarietà alla voglia di muoversi, sarebbe troppo lungo l'elenco. Voglio in ogni caso citare l'iniziativa del Club Super Marathon (di cui faccio parte). Si sono inventati “Venti maratone della speranza”.
Beh, non proprio maratone, ma tracciati con distanze variabili, dove ognuno si creava il suo percorso e lo percorreva a suo piacimento, sia come andatura che come data di svolgimento. Le “gare” avevano più di un obiettivo, che va oltre il lato “agonistico”. Servivano non solo a raccogliere fondi (alla fine si raggiungeranno più di 40.000 euro), ma soprattutto a far sentire vicini tutti i membri, pardon tutti gli amici del Club! “Ma come vicini? Ognuno non aveva un suo percorso? E poi come si faceva, se non si poteva uscire di casa?”. Ho pochi lettori, ma … impazienti! L'anello di congiunzione era il sito del Club, dove ognuno inviava una breve cronaca della sua gara/passeggiata/corsa (clicca qui per accedere al sito). A dire il vero io, come “maratoneta anarchico”, non ho partecipato direttamente all'iniziativa, ma ho sempre corso gare con altri amici più vicini. Chi frequenta abitualmente il mio blog lo sa; chi vuole curiosare... (clicca qui per accedere al blog). In ogni caso mi sono sentito pure io vicino a tutti loro leggendo i loro racconti. Racconti che, per volere del presidente Gino Paolo, diventeranno un libro, di cui posso già annunciare il titolo: “Famola strana. Daje al virus”. Posso pure anticipare che non sono racconti che vinceranno qualche premio letterario, ma sono racconti che, nella loro semplicità e spontaneità, raggiungeranno il cuore di molti. Su una cosa non sono assolutamente d'accordo. Il termine più usato nel descrivere le corse è “virtuale”! No, cari amici, sono state “sfide” REALI: corse con impegno, facendo fatica, bagnati dalla pioggia od accaldati dal sole, il tutto reso più impegnativo dal dover correre in solitaria.
Come gara conclusiva delle venti, mi sono inventato la “Brembo's Half Marathon”, gara di 13,1 miglia (misurata e certificata FIDAL - qui troverete tutti i dettagli vedi). Avevo proposto ad altri di unirsi (rispettando tutte le norme stabiliti dai vari DPCM ancora in vigore), ma per vari motivi tutti hanno declinato l'invito. Motivi certo validi, ma credo che il motivo principale fosse il non voler correre a ritmi troppo lenti, come i miei, e forse non hanno tutti i torti. Ma ricordate l'incipit di questo post? Non importa il risultato ottenuto, se uno si è impegnato secondo le proprie possibilità! I risultati da me ottenuti, 2h 43' diciannove secondi sabato e 2h 49' e diciannove secondi domenica (“Eh sì! Ho corso una maratona … a tappe”), non sono certo degni di menzione, ma tutte e due i giorni … maglietta sudata!
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