mercoledì 26 aprile 2017

Il Leone di San Marco sventola il tricolore

In questi giorni abbiamo assistito allo sventolio di bandiere tricolori in Francia, in occasione del primo turno delle elezioni per la scelta del Presidente della Repubblica. Non importa che chi le avesse in mano fosse di destra o di sinistra, tutti si sentivano cittadini Francesi. Più eclatante è il senso di appartenenza alla nazione, il sentirsi popolo, che esprimono gli Inglesi nel mese di novembre in occasione della fine della Prima Guerra Mondiale: tutti, dalla Regina a chi vende ammennicoli agli angoli delle strade, esprimono il loro senso si appartenenza alla Nazione indossando un “poppy” (papavero), che simboleggia i caduti britannici nella prima Guerra Mondiale.


In quest'ultimo caso la guerra non ha neppure toccato il suolo britannico e per questo è ancora più rimarchevole il senso dato al ricordo. Fatti recenti segnalano una cittadina bergamasca che si è chiusa in se stessa per non accogliere cittadini italiani, per farli sentire stranieri nella propria Nazione. Quando parlo di chiusura è proprio in senso letterale: chiusi bar, ristoranti, negozi commerciali, uffici pubblici! Non certo un bel biglietto da visita. Dico questo perché il fatto mi ha ferito come cittadino bergamasco e, per togliere ogni sospetto di una mia faziosità, metto sullo stesso livello l'aver negato, a cura dell'Amministrazione di Bergamo, il permesso di disputare il campionato Nazionale FIDAL dei 10.000 metri; sono sicuro che con un po' di buona volontà si sarebbe potuto trovare un accordo. Due città amministrate da sindaci di opposti schieramenti …

Padova, 23 aprile, ore 08.00. Qui vi è, cito Paolo Gilardi, “Il popolo delle lunghe”, quel popolo accomunato prima che dalla fatica dall'amicizia. Ecco dalla Puglia Angela, sempre sorridente, con Michele, sempre tagliente nei suoi articoli. Dal Piemonte Gaetano, che si è preso la soddisfazione di tagliare il ciliegio da cui cadde qualche anno fa. Dal Veneto Adriano che con la sua parlantina stanca la … stanchezza e Caterina, oggi in veste di supporter (sarà presente in più punti della gara), incita a gran voce tutti i partecipanti. Dall'Emilia Aligi, che ha infettato la moglie con la sua malattia: la “maratonite”, cosa che a Libero non è riuscita, ma la moglie lo segue in ogni occasione con il fido cane, sempre (o quasi) al loro seguito. Poteva forse mancare la Lombardia? Certo che no! Ecco Rita, che ora quasi pensionata aspetta non una pensione, bensì due: una da panettiera ed una da maratoneta. Allo stadio Euganeo uno spaccato dell'Italia: quasi tutti sorridenti, forse qualcuno preoccupato per i 42 chilometri da percorrere; magari alcuni vedono nell'atleta accanto un avversario da battere sportivamente, non certo un nemico da combattere.

Mi rendo conto che è stata una premessa molto lunga e per alcuni forse fuori tema: nessun riferimento alla Maratona. Sicuramente è così, ma chi frequenta questo blog sa che mi piace “raccontare” la maratona parlando il meno possibile della gara, ma segnalando fatti oggettivi o sensazioni personali … e poi non è certo facile avere un argomento per descrivere una gara corsa già 17 volte.
Selvazzano Dentro, ore 10.00 circa. Ecco un evento che non ti aspetti. Sulla recinzione di una villetta in mezzo ai Tricolori sventola in bella mostra una bandiera con il Leone di San Marco, sì, proprio quello che si vede in molte manifestazioni. Questo semplice fatto mi ha fatto sentire come a casa mia: “Non importa come la pensi, tu qui sei mio ospite e come tale ti tratto” sembrava sussurrare il Leone. Ok, forse mi ha riconosciuto come Bergamasco e si è ricordato che a Bergamo lui è di casa; infatti troneggia sulle porte di Città Alta, su molti edifici pubblici antichi. Sì, ma ha sorriso pure ad Angela, Michele, Aligi e a tutti gli altri amici...
Ho molto apprezzato questo gesto; ha un solo rammarico: non aver potuto esprimere queste sensazioni di persona.
La gara. Anche in questa edizione si corre sul percorso inaugurato l'anno scorso. Assenti del tutto le salite, solo un paio di sottopassaggi. Nella prima metà di gara non si ha avuto modo di annoiarsi: nei paesi attraversati dalla maratona le associazione del posto hanno fatto a gara per accoglierci nel migliore dei modi. Orchestrine e cori ci hanno allietato con musiche e canti, ristori volanti hanno offerto a chi lo voleva acqua e... sottobanco pure qualche “ombretta”! Intere famiglie sugli usci delle case, comodamente sedute, incitavano i concorrenti al loro passaggio. Vi era pure una sfida all'ultimo “sangue” tra l'AVIS e la FIDAS per dare coraggio agli atleti, ma comunque unite nel loro scopo di esistere: offrire la possibilità di vivere attraverso le donazioni di sangue dei loro associati.
La secondo metà della gara inizia ai piedi dei colli Euganei, su strade secondarie, in gran parte deserte, ma senza traffico, mentre il tratto finale, prima di entrare in Padova, era contraddistinto da lunghi tratti dritti, che ricordavano un po' il vecchio percorso. Parte finale in centro città; qui il tifo si è fatto nuovamente sentire: “Daghe, fiol, te set riat” (boh, spero di aver scritto giusto) mi ha gridato un “ragazzo” forse della mia stessa età che era in attesa di attraversare la via dopo il passaggio dei concorrenti. Ecco infatti sullo sfondo la Basilica del Santo, una curva e Prato della Valle si apre ai miei occhi.
Eccomi sul traguardo di questa maratona per la 18a volta!

Considerazioni. Come sempre da Pecora Nera ho qualcosa da ridire. Correre gli ultimi chilometri nel centro di una città con strade antiche offre la possibilità di viverne sia i pregi che i difetti, il principale dei quali è il fondo di san pietrini e di acciottolato, inconveniente che l'organizzazione ha cercato di limitare al massimo con la predisposizione in alcuni tratti di moquette. Buona l'idea ed il risultato finale. La mia schiena ha molto gradito questa soluzione. Alcuni appunti sulle postazioni riservate agli spugnaggi, dove erano presenti spugne in quantità industriale ed acqua corrente con portata per alimentare le cascate del Niagara. La pulizia dalle spugne del tratto stradale dopo lo spugnaggio era effettuata con solerzia dagli alpini. Si deve rilevare che mancavano, come lo scorso anno, un paio di postazioni di spugnaggio. Un grave errore da eliminare.
Agli Alpini, come sempre presenti su tutto il percorso ed in particolare alla partenza dove presidiavano il ristoro offrendo tè caldo ed acqua fresca, un particolare grazie per il loro lavoro e per gli incitamenti lungo tutto il percorso. A loro non ho saputo dare risposta alla domanda: “Ma dove sta l'alpino Nicola?”. Dove sta quest'anno non lo so, ma farò di tutto perché il prossimo anno sia qui con noi.
Nell'attesa preparategli un' “ombretta”! Sono sicuro che non la rifiuterà!

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- Padova Marathon
4h 41' 24" 
 

Dettaglio mia gara

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633/4 
 
    1323/1541
-
15/26

4h 39' 48"  
6'37" min/km 



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