lunedì 8 giugno 2020

Non riesco a respirare ...


Credo che la maggior parte dei lettori di questo blog, che penso siano podisti,  abbia pronunciato questa frase almeno una volta nella sua carriera di atleta. Probabilmente avrà detto, proseguendo nella frase: “... rallenta, così arriviamo assieme”. Tutto nella normalità. Certo, il comportamento del compagno di gara non era scontato. Nel migliore dei casi questi rallentava per proseguire affiancati fino all'arrivo, ma per alcuni era l'occasione sperata per poter battere l'amico, che in fase agonistica diventa avversario. 
Terminata la gara, tutti al bar per una fresca birra e la rivincita rimandata alla prossima gara. 
Purtroppo non sempre la frase produce lo stesso risultato finale, che in ogni caso ha un lieto fine: nel primo caso, sono in due felici all'arrivo, nel secondo caso, anche se tutti e due hanno un sorriso sulle labbra, osservandoli meglio, si può notare che un sorriso è a denti stetti.
Non riesco a respirare ...” è stata la frase che in molti hanno pronunciato nelle sale di terapia intensiva degli ospedali italiani, soprattutto di quelli del Nord.  Nei casi più fortunati il pronto intervento dei sanitari è riuscito a risolvere il problema, magari dopo diverse settimane di terapia intensiva. Nei primi giorni di marzo, quando mancavano in mezzi di ventilazione, degli “inventori” hanno creato respiratori modificando semplici maschere da sub; in molti hanno creato con stampanti in 3d pezzi che si sono rivelati risolutivi per permettere ad apparecchiature “assemblate in casa” di funzionare. Non possiamo dimenticare che per la mancanza di bombole di ossigeno  degli operai hanno lavorato su turni di 24 ore per incrementare la produzione.

I can't breathe!” è l'ultima frase che George Floyd ha pronunciato. 8' 49” è durata la sua agonia. Qui non ci sono state mani pietose o invenzioni geniali che hanno alleviato il suo problema, anzi un “ginocchio” vigliacco ha preso il suo ultimo respiro.

Questo fatto ha scatenato la reazione di migliaia di americani, non solo di colore. Reazioni spesso violente (che personalmente condanno), ma anche reazioni di “umana pietà”.
È diventato un simbolo l'inginocchiarsi. In un primo momento erano solo i manifestanti a compierlo; in seguito anche agenti di polizia lo hanno compiuto (mio papà era un poliziotto e non ho il minino dubbio che anche lui si sarebbe inginocchiato).
Evabbè, ma che c'entra tutto questo con un blog che parla di corsa? Avete ragione, il tutto merita una minima spiegazione. Gare annullate, ma non la corsa. Sono un PP (podista pigro): devo trovare un motivo per correre. Nei mesi scorsi lo stimolo era quello di poter essere di aiuto a chi si interessava della nostra salute. Ricorrenze a me care (25 aprile, primo maggio) offrivano spunti per poter organizzare gare a soggetto. Ora, come molti sportivi hanno fatto, anche io ho voluto essere presente per ricordare questo tragico evento.
Domenica la pioggia non ha fermato la mia personale corsa, disputata sul tracciato della “Mezza sul Brembo”. Nulla di eccezionale, intendiamoci bene, ma inginocchiarsi alla fine della mia corsa, è stato gratificante e per un attimo mi sono sentito vicino non solo a George, ma anche a Lino, mio papà, che sicuramente avrà fatto gli onori di casa al nuovo arrivato.

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