mercoledì 11 dicembre 2024

Vivi una domenica da leoni

Questo è il motto dell'edizione numero 28 della Maratona di Reggio Emilia cui ho partecipato domenica scorsa. Questo post non avrei dovuto scriverlo in quanto avevo già scritto un post relativo alla gara con argomento “a piacere” e preparato già prima della gara. Infatti pensavo di non trovare argomenti adatti per scrivere qualcosa di diverso. Insomma, mi ero preparato come uno studente diligente, per non consegnare il compito in bianco. Ma si sa che Paolo (Manelli), organizzatore/amico della maratona, non manda al banco nessuno con una insufficienza per un foglio bianco ed ha pensato di dare molti spunti per far sì che questo non succedesse. Ecco che quindi, con l'ausilio di Giove Pluvio e di Chione, dea greca delle neve, ha messo in scena quella che per molti si è trasformata in una piccola tragedia, mentre per altri in una piccola impresa, che sarà ricordata per molto tempo. Per la verità, anche nella prima maratona del 2024, quella corsa a Brescia, Giove Pluvio fu l'attore principale, ma in quel caso furono gli Anemoi, dei greci dei venti, a fargli compagnia. - vedi - .
Le previsioni del tempo per domenica davano pioggia e sui rilievi dell'Appennino possibilità di neve. In effetti fin dal primo mattino gli atleti sono stati accolti dalla pioggia, che per la verità, pur essendo intensa, dava l'impressione che sarebbe durata poco. Il mio primo dubbio, e credo quello di molti, era quello dell'abbigliamento da indossare per la gara: nessuna indicazione valida osservando gli atleti che si stavano preparando in palestra. Molti erano in maglietta e calzoncini, alcuni addirittura in cannottiera; altri avevano felpe pesanti e quasi tutti indossavano sull'abbigliamento che avrebbero usato in gara … sacchetti dell'immondizia. Qui abbiamo fatto un passo indietro rispetto al passato, quando in occasioni simili l'organizzazione forniva agli atleti comodi “warm up”. Presto risolto il mio dubbio sull'abbinamento: maglietta termica, maglia con maniche lunghe, pantaloni corsaro e un'abbondante “spalmata” di vasellina sul tutto il corpo e in particolare sui piedi (effetto oca assicurato), poi in gara una leggera giacca a vento. Per mia fortuna c'era con me il mio angelo custode che mi ha permesso di stare ben vestito fino alla partenza. Che fosse una giornata diversa l'ho capito subito dopo aver lasciato alle spalle i primi cinque chilometri di gara, dopo il circuito per le vie cittadine di Reggio Emilia. C'erano molti atleti che stavano ritornando sui propri passi; per loro la gara era già finita. Io non ero solo solo, stavo correndo in compagnia di Barbara ed, essendo alla sua prima maratona di Reggio, le faccio da Cicerone, illustrando il percorso. La pioggia è continua ma non battente; la corsa, seppur rallentata, non presenta particolari difficoltà. Le difficoltà le troviamo dopo il decimo chilometro; infatti siamo costretti a correre per qualche decina di metri, alla fine dell'unico tratto di sterrato, con l'acqua alle caviglie.

 “$$°çò?°°**!” è il mio commento. Evabbè, cosa saranno mai poche decine di metri su 42195? Non sarà poi un dramma, penso. Per nostra fortuna sui ristori è presente del tè, che se non caldo almeno è tiepido e fornisce un po' di conforto. Superato il ristoro fuori ordinanza “No Arsura”, iniziano i problemi più seri. All'acqua si unisce un gelido nevischio che, complice un pungente vento laterale, rende difficoltosa la nostra corsa. Per fortuna ecco in lontananza un ristoro. Un attimo di sosta ed un corroborante tè caldo sembrano alla nostra portata. Delusione: tè ghiacciato! Ora si corre su una poltiglia di neve mista ad acqua con il rischio di cadute. Alla periferia di Montecavolo, dove per la prima volta è prevista la partenza della mezza maratona, un solerte addetto ci segnala che “... se volete ritirarvi, andate nella palestra”. Ritiro? Parolaccia per me, anche per il fatto che tutto sommato, a parte la faccia ed i piedi, non sento particolare freddo. Qui succede una cosa che non comprendo: la mia compagna di corsa aumenta l'andatura e da questo momento fino alla fine sarà per me una corsa solitaria, cosa nella quale ormai sono uno specialista. Ora sono sempre più frequenti i tratti di strada in cui si deve necessariamente correre con l'acqua alle caviglie; i canali di scolo posti ai lati della strada non riescono più a compiere la loro funzione; l'acqua forma un unico ruscello che inonda la strada.

Da questo punto fino all'arrivo non cerco neppure più di evitare le numerose pozzanghere che invadono il percorso. Il vento gelido che prima mi gelava la parte destra ora mi gela la parte sinistra. Devo distrarre il pensiero dalla gara. Noto un insolito via vai di ambulanze, alcune con sirene, tutte con i lampeggiati accesi. Gli addetti al servizio sanitario stanno facendo assistenza a numerosi atleti in difficoltà per ipotermia (apprendo alla fine che alcuni di loro sono stati portati al pronto soccorso). La mia mente ritorna indietro al periodo del “malo male”, quando le sirene delle ambulanze erano la colonna sonora di intere giornate, in quanto casa mia dista solo un paio di chilometri dal tristemente noto ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Questa è un'esperienza che ho vissuto, mentre uguale angoscia è il pensiero del popolo Ucraino che credo stia patendo il mio stesso gelo, con la variante che nel mio caso è una mia scelta e che al massimo tra poche ore sarò sotto una calda doccia ristoratrice e nei prossimi giorni tutto sarà nella normalità. Finalmente entro nel parco alla periferia di Reggio. Buon segno: sono quasi al termine della mia maratona e quello che mi soddisfa è che riesco ancora a mantenere un passo di corsa. Finalmente vedo sullo sfondo, non tanto il traguardo ma la chiesa di San Francesco, posta alle spalle dell'arrivo. Taglio il traguardo con il tempo di 5h 34' 09”, tutto sommato un tempo accettabile, anzi, viste le condizioni in cui si è corso, un buon tempo. Quella che doveva essere “una maratona da Leoni” (in riferimento al leone in marmo rosa della chiesa di San Prospero raffigurato sulla medaglia) si è trasformata in una “maratona da Lupi”. Poteva forse ritirarsi “Lupo solitario”? Certo che no! Poteva forse esserci migliore sfondo di un arrivo da “lupi” della chiesa di San Francesco, amico del Lupo? Eh, sì, Paolo ha pensato proprio a tutto. 
Quello che mi è mancato è stato il suo “caldo abbraccio” alla fine della mia gara. Ok, il prossimo anno saranno due.


Senatori … ed alla fine ne rimasero solo cinque! (s.e.&o.)

Busetti Fabio

4h 55' 25”

Dellapiana “Sir Marathon” Fausto

5h 34' 09”

Marmiroli Roberto

4h 33' 06”

Paderni Andrea

4h 09' 02”

Simonazzi Marco

6h 11' 10”

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2 commenti:

  1. È stato un piacere conoscerti e chiacchierare con te prima della partenza. Mi sono ritrovata nel tuo racconto. Anche a me hanno proposto di andare in palestra e io ho risposto che stavo bene e non pensavo proprio di ritirarmi!

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  2. Complimenti Sr marathon anche io ho fatto parecchie edizioni ghiacciate....

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