Questo è il motto
dell'edizione numero 28 della Maratona di Reggio Emilia cui ho
partecipato domenica scorsa. Questo post non avrei dovuto scriverlo
in quanto avevo già scritto un post relativo alla gara con argomento
“a piacere” e preparato già prima della gara. Infatti pensavo di
non trovare argomenti adatti per scrivere qualcosa di diverso.
Insomma, mi ero preparato come uno studente diligente, per non
consegnare il compito in bianco. Ma si sa che Paolo (Manelli),
organizzatore/amico della maratona, non manda al banco nessuno con
una insufficienza per un foglio bianco ed ha pensato di dare molti
spunti per far sì che questo non succedesse. Ecco che quindi, con
l'ausilio di Giove Pluvio e di Chione, dea greca delle neve, ha messo
in scena quella che per molti si è trasformata in una piccola
tragedia, mentre per altri in una piccola impresa, che sarà
ricordata per molto tempo. Per la verità, anche nella prima maratona
del 2024, quella corsa a Brescia, Giove Pluvio fu l'attore
principale, ma in quel caso furono gli Anemoi, dei greci dei venti, a
fargli compagnia. - vedi
- . Le previsioni del tempo per domenica davano pioggia e sui rilievi
dell'Appennino possibilità di neve. In effetti fin dal primo mattino
gli atleti sono stati accolti dalla pioggia, che per la verità, pur
essendo intensa, dava l'impressione che sarebbe durata poco. Il mio
primo dubbio, e credo quello di molti, era quello dell'abbigliamento
da indossare per la gara: nessuna indicazione valida osservando gli
atleti che si stavano preparando in palestra. Molti erano in
maglietta e calzoncini, alcuni addirittura in cannottiera; altri
avevano felpe pesanti e quasi tutti indossavano sull'abbigliamento
che avrebbero usato in gara … sacchetti dell'immondizia. Qui
abbiamo fatto un passo indietro rispetto al passato, quando in
occasioni simili l'organizzazione forniva agli atleti comodi “warm
up”. Presto risolto il mio dubbio sull'abbinamento: maglietta
termica, maglia con maniche lunghe, pantaloni corsaro e un'abbondante
“spalmata” di vasellina sul tutto il corpo e in particolare sui
piedi (effetto oca assicurato), poi in gara una leggera giacca a
vento. Per mia fortuna c'era con me il mio angelo custode che mi ha
permesso di stare ben vestito fino alla partenza. Che fosse una
giornata diversa l'ho capito subito dopo aver lasciato alle spalle i
primi cinque chilometri di gara, dopo il circuito per le vie
cittadine di Reggio Emilia. C'erano molti atleti che stavano
ritornando sui propri passi; per loro la gara era già finita. Io non
ero solo solo, stavo correndo in compagnia di Barbara ed, essendo
alla sua prima maratona di Reggio, le faccio da Cicerone, illustrando
il percorso. La pioggia è continua ma non battente; la corsa, seppur
rallentata, non presenta particolari difficoltà. Le difficoltà le
troviamo dopo il decimo chilometro; infatti siamo costretti a correre
per qualche decina di metri, alla fine dell'unico tratto di sterrato,
con l'acqua alle caviglie.
“$$°çò?°°**!” è il mio commento.
Evabbè, cosa saranno mai poche decine di metri su 42195? Non sarà
poi un dramma, penso. Per nostra fortuna sui ristori è presente del
tè, che se non caldo almeno è tiepido e fornisce un po' di
conforto. Superato il ristoro fuori ordinanza “No Arsura”,
iniziano i problemi più seri. All'acqua si unisce un gelido
nevischio che, complice un pungente vento laterale, rende
difficoltosa la nostra corsa. Per fortuna ecco in lontananza un
ristoro. Un attimo di
sosta ed un corroborante tè caldo sembrano alla nostra portata.
Delusione: tè ghiacciato! Ora si corre su una poltiglia di neve
mista ad acqua con il rischio di cadute. Alla periferia di
Montecavolo, dove per la prima volta è prevista la partenza della
mezza maratona, un solerte addetto ci segnala che “... se volete
ritirarvi, andate nella palestra”. Ritiro? Parolaccia per me,
anche per il fatto che tutto sommato, a parte la faccia ed i piedi,
non sento particolare freddo. Qui succede una cosa che non comprendo:
la mia compagna di corsa aumenta l'andatura e da questo momento fino
alla fine sarà per me una corsa solitaria, cosa nella quale ormai
sono uno specialista. Ora sono sempre più frequenti i tratti di
strada in cui si deve necessariamente correre con l'acqua alle
caviglie; i canali di scolo posti ai lati della strada non riescono
più a compiere la loro funzione; l'acqua forma un unico ruscello che
inonda la strada.
Da questo punto fino all'arrivo non cerco neppure
più di evitare le numerose pozzanghere che invadono il percorso. Il
vento gelido che prima mi gelava la parte destra ora mi gela la parte
sinistra. Devo distrarre il pensiero dalla gara. Noto un insolito via
vai di ambulanze, alcune con sirene, tutte con i lampeggiati accesi.
Gli addetti al servizio sanitario stanno facendo assistenza a
numerosi atleti in difficoltà per ipotermia (apprendo alla fine che
alcuni di loro sono stati portati al pronto soccorso). La mia mente
ritorna indietro al periodo del “malo male”, quando le sirene
delle ambulanze erano la colonna sonora di intere giornate, in quanto
casa mia dista solo un paio di chilometri dal tristemente noto
ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Questa è un'esperienza che
ho vissuto, mentre uguale angoscia è il pensiero del popolo Ucraino
che credo stia patendo il mio stesso gelo, con la variante che nel
mio caso è una mia scelta e che al massimo tra poche ore sarò sotto
una calda doccia ristoratrice e nei prossimi giorni tutto sarà nella
normalità. Finalmente entro nel parco alla periferia di Reggio. Buon
segno: sono quasi al termine della mia maratona e quello che mi
soddisfa è che riesco ancora a mantenere un passo di corsa.
Finalmente vedo sullo sfondo, non tanto il traguardo ma la chiesa di
San Francesco, posta alle spalle dell'arrivo. Taglio il traguardo con
il tempo di 5h 34' 09”, tutto sommato un tempo accettabile, anzi,
viste le condizioni in cui si è corso, un buon tempo. Quella che
doveva essere “una maratona da Leoni” (in riferimento al leone in
marmo rosa della chiesa di San Prospero raffigurato sulla medaglia)
si è trasformata in una “maratona da Lupi”. Poteva forse
ritirarsi “Lupo solitario”? Certo che no! Poteva forse esserci
migliore sfondo di un arrivo da “lupi” della chiesa di San
Francesco, amico del Lupo? Eh, sì, Paolo ha pensato proprio a tutto. Quello che mi è mancato è stato il suo “caldo abbraccio” alla
fine della mia gara. Ok, il prossimo anno saranno due.
Senatori
… ed alla fine ne rimasero solo cinque! (s.e.&o.)
|
Busetti
Fabio
|
4h 55' 25”
|
Dellapiana
“Sir Marathon” Fausto
|
5h 34' 09”
|
Marmiroli
Roberto
|
4h 33' 06”
|
Paderni
Andrea
|
4h 09' 02”
|
Simonazzi
Marco
|
6h 11' 10”
|
Post
sul blog collegati
2023 – Maratona
di Reggio Emilia: 28 anni in 28 clic!
2023 – Da
giovane “maratoneta a “vecchio Lupo Solitario”
2022 – A
Reggio Emilia ho trovato il “codino bianco”
2021 – è
mancato l'omino del cioccolatino
2020 – Si
scrive Roncola, si legge Reggio
2019 – Reggio
Emilia: la maratona delle due medaglie
2018 – Piccoli
intoppi alla Maratona di Reggio
2017
– Seicentoquarantadue
quarantadue
2016
– E'
no, così non si fa!
2015
– Maratona
di Reggio Emilia: io c'ero
2014
- Reggio
Emilia: la maratona delle piccole cose e dei grandi numeri!
2013
- Ancora
Senatore!
2013
- Il
Decano, due Senatori & una medaglia!
2012
- Maratona
di Reggio Emilia: presente ... da sempre!
È stato un piacere conoscerti e chiacchierare con te prima della partenza. Mi sono ritrovata nel tuo racconto. Anche a me hanno proposto di andare in palestra e io ho risposto che stavo bene e non pensavo proprio di ritirarmi!
RispondiEliminaComplimenti Sr marathon anche io ho fatto parecchie edizioni ghiacciate....
RispondiElimina