Giorni di cammino su
sentieri che si snodano in mezzo ai boschi o che costeggiano
l'oceano; ripide salite o dolci discese; tranquilli sentieri in
pianura accanto a mucche che dopo aver osservato gli strani viandanti
continuano il loro pasto. Zaino in spalla, passo dopo passo, la meta
si avvicina. Sempre fissa nella mente la convinzione della partenza:
“Sono un pellegrino!”.
Si passa in piccoli
paesi e grandi città. Sole, pioggia, vento, un passo dopo l'altro
sempre avanti e dopo 32 giorni eccoci finalmente davanti alla
Cattedrale di Santiago. Il nostro viaggio è terminato, la meta è
stata raggiunta: “Sono un pellegrino!”.
Ecco quindi cadere
tutte le differenziazioni fittizie dei pellegrini. Possiamo noi
giudicare i pellegrini in base ai chilometri percorsi? È più
pellegrino un giovane atleta che ha percorso 800 chilometri o un
anziano, magari reduce da una delicata operazione, che percorre solo
un tratto del cammino per ringraziare del buon esito dell'intervento?
“Pellegrino”,
“peregrino”, “pèlegrin”, “pilger”, “pelgrì”... ecco
la parola più gettonata al ritiro della compostela, il documento che
certifica il compimento del pellegrinaggio... Ma qui si evidenziano
le differenze. Ecco il responsabile di qualche tour operator che
abbina decine di credenziali a decine di compostele. Qui i
“pellegrini comodi” non si presentano nemmeno, non fanno la fila:
probabilmente sono a prendere l'aperitivo in qualche bar con aria
condizionata. Poi ci sono i “pellegrini ciclisti”. Personalmente
non amo molto i ciclisti: sembrano i padroni dei sentieri, spesso
mettono in difficoltà quelli che camminano arrivando veloci alle
loro spalle e pretendendo strada. Bici che valgono migliaia di euro e
non hanno nemmeno un campanello che costa solo pochi euro! Ci sono
pure differenze per i pellegrini che hanno fatto il cammino a piedi:
chi ha percorso tutto il cammino asserva dall'alto in basso chi ha
fatto solo il tratto finale. Chi ha percorso il “Sentiero del
Nord” si sente superiore a chi ha fatto “solo” il “Cammino
Francese”... Mentre una volta il cammino era dettato dalla
provenienza dei pellegrini, ora la scelta è fatta in base ad altri
criteri, in quanto, generalmente, si raggiunge il luogo di partenza
comodamente in areo. Non che l'ufficio che rilascia la credenziale
sia meglio (almeno questo è il mio giudizio). Infatti pagando tre
euro si ottiene una compostela che indica pure i chilometri percorsi.
Forse questa compostela ha maggiore valore oppure serve solo per
alimentare la vanagloria del pellegrino (?).
Alla confusione che si
registra al ritiro della compostela si contrappone l'esiguo numero di
pellegrini che presenziano alla riflessioni proposte da don Fabio, un
sacerdote italiano, ora parroco di Arzua, che si è trasferito in
Spagna per cercare di restituire un po' di spiritualità al Cammino
di Santiago. La prima riflessione che ci ha proposto è stata proprio
sul significato dell'essere “pellegrino”. Il pellegrino nel Medio
Evo doveva attenersi strettamente a cinque regole: camminare in
silenzio, fare il pellegrinaggio in solitaria, osservare un regime di
semidigiuno (un solo pasto al giorno), riflettere sulla Passione del
Vangelo di Marco, astenersi dai propri vizi.
Ecco quindi che
l'affermazione “Sono un pellegrino!” si trasforma in una
più dubbiosa domanda: “Sono (stato) un pellegrino?”.
Semplice la domanda, più difficile la risposta, alla quale ognuno
potrà dare la sua.
Probabilmente non sono
stato un semplice camminatore; beh, diciamo che sono stato un
“pellegrino”, con la “p” minuscola; per il prossimo cammino
cercherò di trasformare la “p” da minuscola in maiuscola.
Nessun commento:
Posta un commento