giovedì 20 settembre 2012

Da Pont St. Martin ad Ivrea: chi scrive cammina?

Al termine della tappa della Via Francigena che va da Pont Saint Martin ad Ivrea ci siamo posti questa domanda: “Chi scrive le guide ha fatto il percorso che ha descritto?”. Ci è venuto questo dubbio perché l’inizio della descrizione del cammino odierno iniziava così: “Entrando in Piemonte i rilievi si addolciscono, le pendenze e i dislivelli del percorso diventano meno impegnativi...”.
Il dislivello previsto oggi non era molto impegnativo, circa 400 metri il dislivello positivo e 450 quello negativo, per cui una tappa in discesa. Quello che ha reso più impegnativo il cammino sono state le pendenze, molto impegnative sia in salita (in particolare il tratto iniziale tra i vigneti) che in discesa. Il tratto dopo il castello di Montestrutto era faticoso ed insidioso a causa della pioggia, che rendeva particolarmente scivolose le pietre della mulattiera.
In compenso il sentiero ci ha portato proprio in mezzo alla natura, facendoci attraversare vigneti con uva pronta alla raccolta, boschi e suggestive pergole di kiwi.
Ma andiamo con ordine.
Segnalazioni

Partiamo sotto un cielo nuvoloso che minaccia pioggia. E infatti la pioggia arriva dopo cinque minuti dalla partenza.

...sentiero con pendenza non impegnativa (?)
Questa sì che è fortuna! Ci avevano consigliato di fare il “Sentiero dei Vigneti” solo in caso di bel tempo. Per prendere il sentiero dall’inizio ritorniamo sui nostri passi di ieri; abbiamo così l’occasione di passare davanti all’ostello. Ostello gestito dal Comune, ma non solo per pellegrini. Pur avendo 54 posti ed avendo noi telefonato con una settimana di anticipo, non abbiamo trovato libero nessun posto. Credo che sarebbe opportuno lasciare sempre a disposizione almeno 4/5 posti per i pellegrini, considerato che è una struttura comunale ed espone pure il “Pellegrinetto”, segno identificativo di ospitalità pellegrina.
Il sentiero si inerpica tra i vigneti e permette di superare alcuni rilievi rocciosi grazie a degli scalini scavati nella pietra, che rendono più agevole il cammino.
Dopo pochi tornanti, si giunge alla cappella di San Rocco, risalente al XVII Secolo, da cui si apre la splendida vista dell’anfiteatro naturale nel quale sorge Carema.





Dopo aver attraversato una frazione con una fontana del secolo scorso, si riattraversano i caratteristici terrazzamenti sormontati dai pilun di pietra che sorreggono le pergole.

Pilun del 1872
Ci fermiamo per qualche foto e notiamo che alcuni di questi pilun sono stati costruiti nel 1872.
La presenza di centinaia di pilun in pietra e calce non ha solo la funzione di sorreggere le viti, coltivate a pergola, ma anche di immagazzinare il calore del sole durante il giorno e di restituirlo ai grappoli nella notte, favorendo così la maturazione dell’uva.
Pieve di San Lorenzo
Un breve passaggio obbligato sulla statale e quindi di nuovo su sentieri verso la pieve di San Lorenzo e il battistero di San Giovanni Battista, risalenti alla seconda metà del IX secolo. Il borgo costituiva, nel Medioevo, una tappa importante per viaggiatori e pellegrini che si muovevano lungo la via Francigena. Naturalmente, tutto chiuso!
Si prosegue sempre su sentieri. Ora la nostra stella polare è il Castello di Montestrutto, che vedremo da tutte le angolazioni; infatti il sentiero praticamente lo aggira.

Un sottopasso... prima di Montestrutto
praticamente nelle cantine di una casa!

Scendiamo lungo la già citata mulattiera verso la frazione Montestrutto. Qui notiamo la presenza di due B&B con il simbolo del pellegrino, segno che in alcune realtà, il passaggio dei pellegrini può favorire lo sviluppo di alcune attività, come è successo in Spagna, soprattutto lungo il cammino Francese. Abbiamo inoltre la fortuna di trovare aperto un bar / ristoro che offre la possibilità di mangiare un piatto caldo. La particolarità sta nel fatto che è poco fuori percorso, ma frecce e “pellegrinetti” segnalano la deviazione e qui mi ricollego al concetto espresso nella frase precedente.

Castello di Montestrutto
Ora ha smesso di piovere e la parte difficile del cammino è stata superata. Si prosegue lungo strade secondarie e su larghi sentieri. Nei pressi di San Germano (frazione di Borgofranco d'Ivrea), addossati alla collina, sorgono i “balmetti”, singolari cantine scavate nella montagna, nelle quali correnti d'aria provenienti dalla stessa montagna mantengono una temperatura ed un'umidità costanti in ogni stagione.
Giunti a Montalto Dora, secondo le indicazioni ricevute per raggiungere il posto dove avremmo trascorso la notte, l’Ostello Salesiano, avremmo dovuto prendere la statale e dopo circa un chilometro saremmo arrivati. Le frecce invece dicono altro: salire verso i laghi che sovrastano Ivrea. Cosa che naturalmente facciamo. Va bene, altra salita verso il castello di Montalto Dora e giro panoramico attorno ad alcuni dei laghetti.
Castello di Montalto Dora
Alla fine arriviamo all’Ostello. Non immaginatevi un ostello sul tipo degli auberge spagnoli; è invece una struttura alberghiera classica, anche nel prezzo. In ogni caso ci siamo trovati bene ed abbiamo avuto anche la possibilità cenare in loco, grazie alla presenza di un gruppo di motociclisti francesi. La cena sì è stata un po’ come quelle spagnole del pellegrino: ottima, abbondante ed ... economica.
Poco lontano dall’Ostello (basta attraversare un paio di campi sportivi), sorge l’edificio che ospita la scuola Salesiana, le cui origini risalgono alla fine dell’ottocento, poco dopo la morte di San Giovanni Bosco. Abbiamo l’occasione di parlare con il padre salesiano che si trova all’ingresso, per fornire informazioni. Molto gentilmente ci accompagna a visitare la chiesa e poi ci fa un po’ da guida, raccontandoci delle origini della scuola e dei numerosi sacerdoti inviati in tutto il mondo, che hanno studiato lì ed in particolare di quelli che sono già stati proclamati beati o che stanno per esserlo.
Alla fine, ci saluta consigliandoci di andare a raccogliere alcuni fichi da una pianta del giardino, che ne produce in abbondanza e che quasi nessuno raccoglie. Approfittiamo volentieri del suo consiglio, anche se alla fine della cena constatiamo che il bravo cuoco che ha cucinato e ci ha servito aveva preparato anche un’ottima torta ai fichi, utilizzando proprio alcuni frutti dello stesso albero.
 
In cammino tra le viti

... e sotto la pergola di kiwi

Tappa segnalata in maniera eccellente, con cartelli recanti oltre al pellegrinetto anche la “F”, credo che sia un esempio da imitare.

© Foto Fausto Dellapiana & Rossana Azzola 2012

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